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LA MIA INTERVISTA A VANITY FAIR SU CLIMA, AMBIENTE E GREEN DEAL


Onorevole, di che cosa parlava con i Verdi tedeschi?

«Sono curiosi di sapere come l’Italia e la Spagna stanno recependo il Green Deal europeo e il Recovery Plan. Dato il successo dei Verdi in Germania, è probabile che entreranno al governo alle elezioni del 26 settembre».

(Le prime proiezioni danno il partito ambientalista al 31% contro il 23% della Cdu di Angela Merkel, ndr).

Anche noi siamo curiosi: a che punto è l’Europa riguardo agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030?

«L’agenda è un po’ uscita dal focus a causa della pandemia, ma ci sta tornando prepotentemente per la consapevolezza che l’emergenza è anche conseguenza dello sfruttamento del Pianeta. Il Green Deal europeo, lanciato alla fine del 2019, punta a tradurre in norme gli obiettivi dell’Agenda 2030. A volte si procede con coraggio, come nel caso della Farm to Fork, la strategia proposta dalla Commissione Europea per la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente, così come anche di altre azioni mirate a preservare la biodiversità riducendo drasticamente l’uso dei pesticidi e dei fertilizzanti in agricoltura e degli antibiotici negli allevamenti. Altre, invece, ed è il caso degli allevamenti intensivi, la riforma della politica agricola comune sta confermando un modello di business as usual che non fa quello scatto in avanti per garantire una transizione verso una maggiore sostenibilità come chiede l’agenda».

Il punto 13 dell’Agenda riguarda la lotta al cambiamento climatico. Come procede la legge europea sul clima?

«Bisogna mettere nero su bianco il fatto che l’Europa diventerà il primo continente a emissioni nette zero nel 2050 e concordare le tappe intermedie di questo processo. È in corso un confronto tra il Parlamento, che è la più ambiziosa delle istituzioni, gli Stati membri e la Commissione, che tendono a smorzare un po’ il coraggio. Vedremo chi la spunterà: la legislazione europea sarà fondamentale anche per orientare le attività nazionali volte a contrastare la crisi climatica, che è l’emergenza numero uno».

Cosa si può fare nell’immediato per gestire l’emergenza?

«Insistere sulla creazione di comunità energetiche e di prosumer, realtà nelle quali il cittadino è produttore e consumatore di energia. Una cosa bellissima che l’Europa ha fatto nella scorsa legislatura è stata l’istituzione del “diritto di produrre energia”. Se ognuno installasse il proprio o si unisse a una comunità per l’acquisto di impianti rinnovabili – fotovoltaico, eolico, minieolico – si farebbe un passo da gigante verso un modello di energia pulita che ci stacca dalle fonti fossili nemiche del clima».

Un modello ispirazionale?

«Porto Torres, in Sardegna, dove è stato istituito il “reddito energetico”: un fondo del comune agevola l’acquisto di impianti fotovoltaici destinati in primo luogo alle famiglie più fragili, consentendo di abbattere i costi energetici e di vendere quanto non utilizzato, in modo da rimpolpare il fondo a favore di altre famiglie».

Un contributo che tutti possiamo dare alla causa?

«Non uno, tre: ridurre il consumo di carne e derivati specie se prodotti in allevamenti intensivi dai quali proviene il 70% delle emissioni del comparto agricoltura; usare una borraccia e bere acqua del rubinetto; camminare anche per raggiungere il posto di lavoro, anche se distante».

La realtà internazionale alla quale darebbe un premio.

«Parigi: il progetto della sindaca Anne Hidalgo di una metropoli in cui tutti i servizi siano a disposizione a una distanza massima di 15 minuti in bicicletta o a piedi è la visione perfetta di una città a prova di futuro».

Una donna. Un caso?

«Ho partecipato al Women 2027, un incontro tra eurodeputate e imprenditrici che hanno saputo reinventarsi durante questo anno così difficile, portando esempi fantastici di economia circolare, come la creazione di tessuti sostenibili ottenuti dal recupero degli scarti del settore alimentare e agricolo. Quando si tratta di trovare soluzioni in linea con i limiti del Pianeta le donne hanno una marcia in più».

La crisi economica e la perdita di posti di lavoro sono uno dei grandi temi legati alla pandemia. L’ambiente può offrire opportunità?

«Uno studio commissionato da noi Verdi a Cambridge Econometrics ha rivelato che a maggiori ambizioni nella riduzione di emissioni corrispondono maggiori benefici, sia in termini di crescita di Pil sia di creazione di posti di lavoro: tagliando del 60% le emissioni di gas serra entro il 2030 potremmo creare oltre un milione di posti di lavoro in più in Europa. Certo, alcuni settori, come quello delle energie rinnovabili, crescerebbero mentre altri, legati ai combustibili fossili, subirebbero una contrazione. Potrebbe essere un’occasione per concentrarsi su un cambiamento che va accelerato».

Una brutta pratica da fermare subito.

«Il consumo del suolo e la cementificazione, cause del dissesto idrogeologico le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti per esempio ogni volta che un fiume esonda. Il fiume fa il fiume: se piove tanto e non c’è terreno sufficiente per filtrare e imbrigliare le acque il danno è inevitabile».

E una buona da avviare subito.

«Alimentare l’amore per la natura. Abbiamo lanciato l’idea del servizio civile ambientale per insegnare agli under 34 a prendersi cura del territorio e venire pagati dignitosamente. Un’esperienza per guardare il mondo con occhi diversi: se ci stacchiamo dal nostro egocentrismo, la natura ci apparirà nella sua straordinaria bellezza».


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