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“GLI ALLEVAMENTI ITALIANI SONO I PIÙ SOSTENIBILI AL MONDO” E ALTRE FRASI DEGNE DI NOTA DEL MINISTRO LOLLOBRIGIDA


Vorrei commentare alcune dichiarazioni che ho sentito da parte del Ministro #Lollobrigida e di Stefano Berni, direttore Generale Consorzio di Tutela del Grana Padano durante il convegno “Qual’è l’essenza della sostenibilità” al meeting di Rimini 2024 lo scorso 23 agosto.


Nel primo giro di interventi prima Berni e poi il ministro Lollobrigida si sono dilungati nello spiegare che la “sostenibilità” deve essere intesa come sostenibilità economica (messa sempre al primo posto), sociale ed ambientale, e che quest’ultimo aspetto, secondo loro, è diventato esageratamente importante diventando un mero fine ideologico.

Sono d’accordo che le tre cose debbano andare avanti insieme. Non ho mai detto il contrario. Non sono d’accordo sul resto. E provo a spiegarmi.

Intanto questa narrazione puzza di stratagemma per mantenere e difendere lo status quo, nello specifico, quello di un grande consorzio italiano che rivendica una produzione di eccellenza che esporta per il 52% in tutto il mondo. E’ piuttosto chiaro che, se le cose vanno bene così, dal punto di vista della sostenibilità economica, quella che per loro guida la triade, non sia poi così necessario cambiare le cose. Nella pratica questa impostazione serve ad avallare l’idea che prima bisogna continuare a creare profitto e se avanzano tempo e risorse allora si può pensare a ridurre gli impatti su clima, ambiente, salute, animali. Ma è esattamente il contrario. Quale impresa può continuare a produrre se non avremo più un ambiente sano? se la natura non offrirà più i suoi servizi essenziali alla vita sul pianeta, uno su tutti penso all’impollinazione da parte di api e altri insetti? Se gli sconvolgimenti atmosferici saranno sempre più devastanti, come siccità e desertificazione da una parte e alluvioni dall’altra? Se la prossima pandemia causata dallo sfruttamento di miliardi di animali è dietro l’angolo? Secondo un rapporto del WWF, gli eventi climatici estremi hanno causato danni per circa 14 miliardi di euro al comparto negli ultimi 10 anni. Ecco perchè non c’è alcuna ideologia ma semplice presa d’atto, sulla base degli appelli del mondo scientifico, che a guidare la triade debba essere la sostenibilità ambientale.

Ed infatti difendere il concetto di conversione ecologica della nostra economia va esattamente in questa direzione. Ma alt. Non significa che si potrà procedere come si agisce oggi in tutti i settori e sarà sufficiente qualche piccola aggiustatina “green”. Alcuni settori dovranno essere abbandonati, riconvertendo le lavoratrici e i lavoratori, ad esempio quelli legati alle fonti fossili che infatti dobbiamo smettere di estrarre dal sottosuolo. Quello zootecnico è un altro settore che non può avere una semplice verniciata di verde.

Infine, su questo punto, mi preme aggiungere che la conversione ecologica dell’economia è anche il modo migliore per continuare a fare impresa, in modo nuovo, innovativo, forse, io mi auguro, anche più consapevole, grazie ad un fattore di competitività che apre a nuove prospettive.


Durante il secondo intervento il direttore Berni ha criticato la proposta di legge a mia prima firma e sottoscritta da numerosi deputati di diverso colore politico e presentata insieme ad una coalizione di ong, Greenpeace, Terra!, ISDE, WWF, LIPU per superare il modello degli allevamenti intensivi.

Berni afferma che se questa legge dovesse essere approvata, cito, “automaticamente ridurremmo l’approvvigionamento interno del nostro fabbisogno alimentare. E siccome non faremo tutti diete o vogliamo morire di fame saremo costretti ad accedere a cibo che arriva da chissà dove, dove la parola sostenibilità non sanno cosa significhi” insomma, dice Berni, uccidiamo la produzione nazionale e condanniamo il paese ad aumentare le importazioni estere.

La PDL non dice questo. La PDL vuole innanzitutto tutto fermare l’apertura di nuovi allevamenti intensivi o l’ampliamento di quelli esistenti, perchè questo è ciò che succede attualmente, in una foga di iper produzione votata tutta al profitto.

In seconda battuta la proposta di legge vuole ragionare con tutti i soggetti coinvolti, dai produttori alla società civile e le istituzioni, sul “come” cambiare un sistema ormai generatore di profitto per alcuni, pochi, grandi colossi e a discapito dei piccoli, che infatti si vedono tagliati fuori con la chiusura di tante piccole imprese agricole. Questi sono numeri, dati oggettivi, come quelli del censimento Istat 2022 che rileva che in dieci anni sono sparite un terzo delle aziende agricole. Non sono opinioni. Un sistema che, soprattutto, provoca inquinamento e ancora troppa sofferenza animale inutile.

Negare il problema non serve a nulla.

E tentare di giustificare l’ingiustificabile è grottesco. Ad esempio, Berni sostiene che, dal momento che la popolazione mondiale aumenterà dobbiamo aumentare la produzione per sfamare tutti. Questo è uno dei mantra di tutti coloro che difendono lo status quo, in primis anche dal Ministro Lollobrigida. Ma tutti fingono di non sapere che oggi la stragrande maggioranza dei terreni agricoli è destinata a produrre mangimi per animali e non cibo per esseri umani. Quante persone potremmo sfamare convertendo in produzioni ad uso umano?

Ma Berni insiste sul punto affermando che il “business del futuro è proprio il cibo, come lo erano i telefonini qualche decennio fa”. Ecco un “business”. Non so voi ma a me suona proprio male. Continuo a pensare che il cibo in quanto bene essenziale dovrebbe essere trattato come un bene pubblico, svincolato da mere logiche di profitto. E invece grandi esportazioni, come quelle del 52% di grana padano, “eccellenza” riconosciuta nel mondo, seguono questa logica. Altro che benefattori che vogliono sfamare il mondo. Ecco perchè una dieta vegetale è più sostenibile, perchè usa in modo molto più efficiente le risorse.


Un altro passaggio paradossale è stato quello sulla definizione di allevamento intensivo. Berni si domanda come sia possibile definire intensivo un capannone con 200 vacche e 150 ettari di terreno. Beh, le vacche non vedono mai la luce? A 5 anni le vacche da latte sono stremate e vengono uccise nonostante potrebbero vivere mediamente 20 anni? I mangimi sono in prevalenza di provenienza esterna, non locale o regionale? A voi la risposta.

Ad ogni modo, non esistendo alcuna definizione ad oggi, è facile fingere di non esserlo e arrivare a dire, come ha fatto il Ministro Lollobrigida, che siamo il paese in cui gli “allevamenti italiani sono i più sostenibili al mondo perchè nessun paese tiene in così alta considerazione il benessere animale quanto il nostro”. Ecco, esattamente il tipo di narrazione funzionale a lasciare le cose cosi come sono, perchè tanto siamo già i primi della classe. Quanta ipocrisia! I Ministro si lancia anche in un attacco frontale nei confronti dei giornalisti, in particolare della “tv di stato” che “pagati con soldi pubblici” mostrano solo quelle poche aziende che non rispettano le regole invece che le migliaia di imprese che tengono in piedi un settore, che contribuiscono a “pagare gli stipendi di quei giornalisti” e rispettano tutte le regole. Un attacco minaccioso nemmeno tanto velato nei confronti di alcune giornaliste in particolare, penso a Giulia Innocenzi e Sabrina Giannini, che svolgono un lavoro che io invece ritengo prezioso, accurato, indispensabile per mostrare cosa succede dietro le lunghe file di capannoni inaccessibili. Esprimo solidarietà e massimo sostegno ad entrambe e le incoraggio ad andare avanti.


Non poteva mancare il riferimento alle misteriose e pericolose multinazionali che vogliono farci mangiare a tutti i costi “cibi monster”, la ormai famosa carne “sintetica”, aggettivo scorretto ma volutamente utilizzato per creare diffidenza. Ma la cosa più grave è insinuare che la proposta di legge contro gli allevamenti intensivi sarebbe spinta da questa lobby. Non permetto che si facciano allusioni di questo tipo. Che “dietro” ad una proposta di legge a mia prima firma e sostenuta, ripeto, in modo trasversale da molti deputati, ci siano forze “oscure” che tengano le fila. E’ talmente evidente che si tratti di una accusa ridicola, basti pensare solo al fatto che la proposta di legge non mira ad eliminare ogni forma di allevamento (per quanto io sia da sempre una sostenitrice della promozione e diffusione di diete vegetali e convinta antispecista) ma a fare dei primi passi verso una trasformazione profonda del settore zootecnico in chiave sostenibile. La carne sintetica qui non c’entra proprio niente!


Molti altri passaggi meriterebbero commenti approfonditi ma per il momento mi fermo qui.

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