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ACQUA DIRITTO UNIVERSALE: NE PARLO CON AMBIENTE NEWS



Eleonora Evi, europarlamentare italiana dei Verdi Europei, componente della commissione Ambiente, Sanità pubblica e Sicurezza alimentare e della commissione per le Petizioni e membro sostituto della commissione Industria, Energia e Ricerca, nata a Milano nel 1983 ha studiato Design al Politecnico di Milano, inizialmente Product Design, spinta dall’interesse a comprendere i criteri per una “buona progettazione” che tenesse in considerazione gli aspetti ambientali, sociali ed economici degli oggetti, e successivamente ha esplorato una disciplina meno conosciuta, il Service Design (Laurea Specialistica), un approccio progettuale interdisciplinare in grado di offrire nuove soluzioni ai bisogni delle persone, generare nuovi modelli di business o migliorare i servizi esistenti per renderli più efficaci, grazie alla progettazione centrata sull’utente e all’uso di strumenti come il design thinking. La forte propensione di questo approccio progettuale a creare valore sociale ed ambientale – oltre a quello meramente economico – sono diventati una passione che, negli anni successivi al conseguimento del Master in Strategic Design, si sono legati in modo sempre più forte ad una rinnovata passione per la politica. Eleonora Evi ha così unito i due ambiti, quello del “design” e quello della “politica”, in un unico approccio che l’ha spinta a considerare sempre più necessario un cambiamento radicale del modello di sviluppo e di società a cui siamo oggi abituati. La mobilità, i servizi sanitari, la gestione dei rifiuti, i servizi per il sociale e molti altri, possono e devono essere ripensati, con l’obiettivo di migliorare la qualità della nostra vita e dell’ambiente in cui viviamo.


Cosa ne pensa del “Right2Water”, la prima iniziativa dei cittadini europei a diventare legge?

È fondamentale che le istituzioni europee siano aperte, democratiche e trasparenti e che rispondano alle richieste dei cittadini. E sono convinta che strumenti di partecipazione come l’iniziativa dei cittadini europei (ICE) debbano essere sempre più rafforzati e resi efficaci. Oggi, purtroppo, questo strumento è ancora debole ma ritengo che sia un ottimo segnale ed un passo importante che, per la prima volta in assoluto, la Commissione europea abbia risposto con un atto legislativo alle istanze dei cittadini.


Ma le richieste della ICE “Right2Water” possono dirsi davvero accolte? Il diritto all’acqua quale diritto umano e universale viene finalmente sancito nella legislazione europea? Viene garantito a tutti l’accesso a questa risorsa preziosa e vitale e ai servizi igienico-sanitari? La fornitura di acqua potabile e la gestione delle risorse idriche saranno messe al riparo dalle “logiche del mercato” e i servizi idrici esclusi da qualsiasi forma di liberalizzazione?

È innegabile che passi avanti siano stati fatti, con l’introduzione di un articolo nel testo della Direttiva (Art. 13) che contiene un chiaro riferimento al diritto all’acqua e relative disposizioni ma è altrettanto vero che il testo adottato riduce questo diritto ad un generico scopo di miglioramento dell’accesso all’acqua e restano infatti piuttosto deboli gli obblighi in capo agli Stati membri di assicurare che tutti possano accedervi. Qualche esempio: nessun obbligo per la distribuzione gratuita o a basso costo dell’acqua in ristoranti e mense o la garanzia dell’erogazione del minimo quantitativo vitale, come raccomandato dall’OMS, anche per le popolazioni più vulnerabili o marginalizzate. In questo modo si rende incerta l’applicazione della Direttiva e quindi la piena garanzia di un Ambiente accesso universale all’acqua. Nulla viene detto inoltre riguardo alla gestione delle risorse idriche e dei servizi igienico sanitari rispetto alla loro esclusione da liberalizzazioni e dai trattati sul commercio e gli investimenti. Capisco pertanto la frustrazione dei tanti cittadini che avevano firmato la ICE e hanno ottenuto una risposta parziale. Al contempo però non posso ignorare i grandi miglioramenti apportati alla Direttiva Acqua potabile che, vecchia di oltre 20 anni, non poteva attendere altro tempo per essere aggiornata e garantire che l’acqua che beviamo dal rubinetto sia pulita e sicura.


Quali soglie più severe per alcuni contaminanti? - Quali strumenti per il monitoraggio e miglioramento della qualità dell’acqua del rubinetto? Per incentivare il consumo di acqua dal rubinetto è necessario porre in essere controlli e limiti stringenti.


La Direttiva europea sull’acqua recentemente adottata stabilisce limiti più severi per alcuni inquinanti, tra cui il piombo, il Bisfenolo-A e i PFAS. Inoltre, seguirà nel 2022 una lista di sostanze redatta dalla Commissione Europea attraverso cui, per la prima volta, gli Stati Membri dovranno monitorare la presenza di interferenti endocrini, farmaci e microplastiche nell’acqua. Reputo che molto di più andava fatto e che si sia persa un’occasione per incentivare veramente il consumo di acqua dal rubinetto. Bisognava estendere e rafforzare la lista di parametri chimici proposta dalla Commissione come aveva tentato di fare il Parlamento Europeo.

Reputo anche molto grave che l’attuale limite sui PFAS corrisponda a 0,1 microgrammi per litro come soglia massima e riguardi solo 20 dei 4700 in lista. I PFAS sono composti chimici utilizzati in campo industriale che, oltre ad accumularsi nell’ambiente, persistono anche negli organismi viventi, compreso l’uomo, dove risultano essere tossici ad alte concentrazioni. Per queste caratteristiche di persistenza vengono definiti “forever chemicals”. Mi auguro che nei prossimi tre anni la Commissione renda più stringente il limite delle sostanze ammesse e lo estenda a tutti i PFAS. I cittadini del Veneto, dove è ormai contaminato il bacino acquifero sotterraneo più grande d’Europa non possono aspettare oltre e meritano risposte concrete da parte dell’Europa.


Per un minore consumo di acqua in bottiglia si potrebbe incentivare la diminuzione del commercio di quelle di plastica.


Certamente, sono convinta che dovremmo drasticamente ridurre il consumo di acqua in bottiglie in plastica. In ogni minuto del 2017 sono state acquistate un milione di bottiglie di plastica, la maggior parte delle quali, alla fine del loro ciclo di vita non vengono riciclate ma finiscono per essere incenerite, messe in discarica o disperse nell’ambiente. Ogni anno finiscono nel nostro Mar Mediterraneo 570 mila tonnellate di plastica, l’equivalente di 33 mila bottigliette al minuto. L’Italia è il Paese Europeo con il maggiore consumo di acqua in bottiglia mentre il Mar Tirreno segna il triste record per la maggior concentrazione di plastica mai rilevata: quasi 2 milioni di pezzi in un metro quadrato. È necessario e urgente investire in distributori di acqua per riempire le bottiglie riutilizzabili come borracce e bottiglie di vetro e sistemi di vuoto a rendere per contrastare la produzione di rifiuti in plastica. Nella Direttiva europea sulla plastica monouso che mette al bando alcuni prodotti monouso a partire da quest’anno, come cannucce, piatti e posate in plastica, avrei voluto vedere maggior ambizione per contrastare anche il consumo di bottiglie in plastica tramite, ad esempio, un chiaro obiettivo di riduzione. Purtroppo l’Europa non ha avuto questo coraggio ma io non mi do per vinta! D’altronde sono sempre di più i cittadini consapevoli, informati ed attenti a questo problema e che, tramite piccole azioni quotidiane, come quella di evitare bottiglie di plastica e portare sempre con sé una borraccia, contribuiscono enormemente a ridurre il consumo di plastica e testimoniano, ancora una volta, che la politica troppo spesso arriva tardi ma i processi di cambiamento sono già in corso. Anche perché non abbiamo alternative.


Sviluppi nelle discussioni europee su questi temi: spreco dell’acqua e plastic free?

Il Regolamento per il riutilizzo dell’acqua cerca di affrontare il problema dello spreco dell’acqua soprattutto in relazione alle perdite lungo l’infrastruttura della distribuzione che, nel nostro paese, a causa di incuria e assenza di manutenzione, in alcune aree raggiunge percentuali elevate e superiori al 70%. Una condizione inaccettabile anche alla luce della crisi climatica in corso e della scarsità sempre crescente della preziosa risorsa idrica. La nuova direttiva impone alle grandi aziende distributrici di valutare entro i prossimi 5 anni l’entità delle perdite e impegna gli Stati membri a definire un piano di azione per ridurre le perdite entro i prossimi 8 anni. Il tema del riutilizzo dell’acqua è parte integrante della Strategia sull’economia circolare ed è particolarmente importante in agricoltura. L’UE ha recentemente adottato il Regolamento sul riutilizzo dell’acqua che ha lo scopo di garantire che le acque reflue trattate siano riutilizzate in modo più ampio per limitare l’uso dei corpi idrici e delle acque sotterranee. Il tema della plastica è sempre molto dibattuto viste le ampie applicazioni che questo materiale ha nella vita di tutti i giorni e considerando anche l’ammontare di plastica che viene dispersa nell’ambiente e nei mari. L’approccio della Commissione Europea è quello di evitare di demonizzare un materiale piuttosto che un altro ma puntare alla prevenzione, riduzione e riciclo una volta che il prodotto diventa rifiuto. Condivido questo approccio e penso che l’obiettivo principale debba essere la prevenzione e riduzione dei rifiuti, vietando il più possibile i prodotti monouso, piuttosto che

sostituire un materiale con un altro e rimanere impantanati nella logica sbagliata del “usa e getta”. Chiaramente bisogna anche considerare il problema delle microplastiche causate dalla decomposizione dei prodotti in plastica, ampiamente presenti nell’ambiente e nei nostri corpi ma i cui effetti sono ancora poco conosciuti.

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